La Teoria del Nulla

Mentre attraversiamo il Rio Negro, Hugo ed Elvio ci dicono che saranno gli ultimi alberi che vedremo.

Hanno ragione.

Come con l’innalzarsi dell’altitudine anche con l’aumentare della longitudine la vegetazione diventa arbustiva, si spiana, difendendosi dal vento prima ancora che dal freddo.

Nordkapp me lo ha insegnato lo scorso anno. Quindi, riassumendo: vento, vegetazione bassa, strada rettilinea e stazioni di servizio ogni 100 km.

Intorno: un paesaggio infinito nel senso stretto del termine, perché qui l’orizzonte non sembra nemmeno esserci.

La mente (occidentale) non è addestrata al “nulla”.

Nella testa devi fare un sacco di spazio per contenere il nulla e allora, se ce la fai, puoi gettare le cose superflue, inutili, ingombranti. Immagina di infilare un palloncino sul fondo di una scatola di mattoncini lego e poi gonfialo. Il nulla, per farsi spazio, butta i lego fuori dalla scatola.

Quelli escono sono i file inutili che ci riempiono la testa, quelli che restano sono quelli veramente importanti.

Un amore, la mamma e il papà, una dozzina di affetti, una manciata di amicizie, li poster del “Che”, il caffè la mattina, i dischi di Fabrizio de André, lo spazzolino da denti, un letto comodo, il Mac, la connessione internet del vicino di casa, una limetta per le unghie, il passaporto valido, qualche preservativo, il sorriso.

Quando scoppia il palloncino lo spazio rimane e, finalmente, puoi decidere tu come riempirlo, ma se lo lasci vuoto godi come di più…

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